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2023, GDPR, News, whistleblowing

Whistleblowing settore privato: tutte le info e la nostra soluzione

WHISTLEBLOWING 2023: LE RICHIESTE NORMATIVE

Il 2023 è l’anno in cui anche in Italia, attraverso il decreto legislativo n.24/2023 si recepisce la direttiva n. 1937/2019 concernente proprio l’introduzione di nuove misure per la protezione dei whistleblowers tanto nel settore pubblico quanto in quello privato e volta ad armonizzare le normative nazionali in ottica di rafforzamento dei principi di trasparenza e responsabilità e di prevenzione dei reati.

La direttiva trova applicazione nei confronti di tutti gli enti privati che abbiano più di 50 dipendenti, indipendentemente dalla natura delle loro attività e, di conseguenza, a prescindere dal fatto che tali enti abbiano adottato modelli organizzativi volti a ridurre il rischio di commissione di reati nell’interesse e a vantaggio dell’Ente – come quelli previsti dal d.lgs. 231/2001 – e con riferimento a qualsiasi violazione di diritto comunitario.

In Italia è ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) che sarà parte attiva nel ricevere le segnalazioni che non troveranno seguito negli enti privati, che erogherà le sanzioni del caso e che si preoccupa di fornire linee guida per l’applicazione delle norme in oggetto.

Sotto lo schema riassuntivo per il settore privato:

La novità è l’applicazione nei confronti di tutti gli enti privati che abbiano più di 50 dipendenti, indipendentemente dalla natura delle loro attività e, di conseguenza, a prescindere dal fatto che tali enti abbiano adottato modelli organizzativi volti a ridurre il rischio di commissione di reati nell’interesse e a vantaggio dell’Ente – come quelli previsti dal d.lgs. 231/2001 – e con riferimento a qualsiasi violazione di diritto comunitario.

Pertanto, ogni azienda sopra i 50 dipendenti è tenuta a conformarsi alle disposizioni di legge entro il 17 dicembre 2023.

COSA SERVE PER METTERSI A NORMA CON LA LEGGE SUL WHISTLEBLOWING

La legge prevede essenzialmente 2 rami di adeguamento: una parte che risponda ai requisiti di tutela per il segnalatore e, di conseguenza, sia conforme anche alle prescrizioni del GDPR; un’altra parte che preveda l’adozione di strumenti e procedure che permettano l’introduzione in azienda di quel canale interno di segnalazione che è la prima opzione cui si deve rivolgere il segnalante.

Ricordiamo, infatti, che i canali di segnalazione devono essere utilizzati in forma progressiva, nell’ordine segnalazione interna -> segnalazione esterna (ANAC) -> divulgazione pubblica.

Per far ciò è essenziale che l’azienda scelga strumenti adeguati per proteggere il whistleblower da possibili ritorsioni garantendo anonimato, riscontro e protezione da azioni illecite post segnalazione come ad es. licenziamento o sospensione, sanzioni, retrocessioni di grado, discriminazioni.

In seguito alle scelte adeguate dovranno essere messi in atto alcuni adempimenti sulla protezione dei dati, come la valutazione di impatto, aggiornate le informative e il registro del trattamento.

Questo perché il trattamento è considerato di quelli ad alto rischio, pertanto oltre a motivare adeguatamente le scelte fatte, sarà necessario formare adeguatamente il personale che dovrà occuparsi della gestione delle segnalazioni come misura essenziale.

IN COSA POSSIAMO AIUTARVI

Se ancora non avete provveduto a regolarizzare la vostra situazione in ambito di compliance con le prescrizioni del GDPR, è il momento di farlo. Non si può essere considerati conformi con la legge sul whistleblowing se non abbiamo un adeguato livello di accountability con il GDPR. Possiamo seguirvi inoltre anche se siete parzialmente conformi attraverso l’aggiornamento della documentazione già disponibile e guidarvi ovviamente in una redazione di una valutazione di impatto che sia efficace.

Se non avete già scelto un servizio per le segnalazioni interne possiamo offrirvi la nostra soluzione: una soluzione esternalizzata attraverso un motore open source che permette di rispondere alle richieste di legge, differenziando gli accessi e anonimizzandoli fin dall’accesso al sito.

Altro aspetto importante sarà la gestione del personale: da un lato saranno importanti le procedure operative da mettere in gioco e dall’altro le aziende dovranno formare adeguatamente il personale preposto, in modo da creare un flusso di lavoro corretto.

Se non avete ancora effettuato i passi per adeguarvi o non sapete quello che la vostra azienda deve fare, vi invitiamo a contattarci per informazioni su adeguamento, soluzioni e costi.

Best pratices, News, Soluzioni informatiche

PMI a rischio: perché un piano di disaster recovery e un test di sicurezza esterno sono cruciali per proteggere il tuo business

Le PMI sono le imprese che rappresentano il tessuto economico delle nostre comunità. Tuttavia, molte di queste aziende operano senza un piano di disaster recovery e senza eseguire mai un test di sicurezza sui propri sistemi da parte di un esterno. Questo mette a rischio il loro business e la loro reputazione. In questo articolo, spiegheremo perché è importante avere un piano di disaster recovery e come un test di sicurezza può aiutare a proteggere l’azienda.

ISO27001, ISO27002, News, Tech

Nuova ISO 27002:2022

Rilasciata poche ore fa, la nuova versione della ISO 27002:2022 stravolge completamente il rapporto con la 27001, andando di fatto a ridisegnare completamente l’approccio operativo nell’implementazione della norma.

Nella ISO 27001:2013 sono presenti 114 controlli raggruppati in 14 capitoli; nella ISO 27002 sono adesso presenti solamente 4 capitoli e 93 controlli.

Il documento è stravolto nella struttura, alcuni controlli sono stati consolidati, altri rimossi o aggiunti da zero.

I punti più interessanti sono sicuramente quelli legati all’introduzione di specifici punti legati al cloud, ai dati personali ma soprattutto ai controlli legati agli stessi leak di dati all’interno delle organizzazioni.

Con l’introduzione di questi cambiamenti, diventa fondamentale l’integrazione delle nuove linee guida all’interno del proprio sistema di gestione, soprattutto in previsione dei rinnovi e degli audit di sorveglianza da parte degli enti di certificazione.

Per ogni necessità, lo studio della nuova versione della ISO è già in cantiere e siamo pronti a supportarvi nell’integrazione della stessa nelle nuove procedure.

ISO27002 aggiornamento, cosa cambia, modifiche

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Brexit: il punto sulle conseguenze per la protezione dei dati

Dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito ha lasciato definitivamente l’Unione europea: si è completato il processo cosiddetto di “Brexit”. Quali sono le conseguenze in termini di protezione dati?

Per quanto riguarda i flussi di dati verso il Regno Unito, che è diventato dunque un Paese terzo, bisogna fare riferimento all’Accordo commerciale e di cooperazione stipulato il 30 dicembre 2020 fra Regno Unito e Unione europea. Tale accordo prevede, tra l’altro, che il Regno Unito continui ad applicare il Regolamento europeo sulla protezione dei dati per un ulteriore periodo di massimo 6 mesi (quindi fino al 30 giugno 2021). Di conseguenza, in questo periodo qualsiasi comunicazione di dati personali verso il Regno Unito potrà avvenire secondo le medesime regole valevoli al 31 dicembre 2020 e non sarà considerata un trasferimento di dati verso un paese terzo.

Nel frattempo la Commissione europea e il Governo UK si sono impegnati, sempre in base all’Accordo, a lavorare su reciproche decisioni di adeguatezza che consentano di proseguire i flussi di dati senza interruzioni, anche successivamente al periodo transitorio sopra ricordato. Se così non fosse, si applicheranno tutte le disposizioni del Capo V del GDPR, che richiedono l’esistenza di garanzie adeguate (clausole contrattuali tipo, norme vincolanti d’impresa, accordi amministrativi, certificazioni, codici di condotta) per trasferire dati dall’Ue (più esattamente dal SEE, lo spazio economico europeo) verso un Paese terzo non adeguato, oppure ammettono alcune deroghe in assenza di garanzie adeguate (consenso esplicito dell’interessato, interesse pubblico di uno Stato membro del SEE, ecc.), ma solo in via residuale e secondo un approccio molto restrittivo.

Per quanto riguarda eventuali contenziosi o reclami transfrontalieri in materia di protezione dei dati con titolari o responsabili del trattamento stabiliti nel Regno Unito, dal 1° gennaio 2021 al Regno Unito in quanto Paese terzo non sarà più applicabile il meccanismo dello “sportello unico” (one stop shop) che disciplina questi contenziosi fra i paesi del SEE. In sostanza, le imprese con sede nel Regno Unito non potranno più beneficiare della possibilità di rapportarsi con un’unica Autorità “capofila” (ossia, l’Autorità competente per lo stabilimento principale o unico nel SEE) per i vari obblighi previsti dal Regolamento europeo. Per poter continuare a godere dei benefici dello sportello unico, dovrebbero infatti individuare un nuovo stabilimento principale in uno Stato membro del SEE.

In ogni caso, dal 1° gennaio 2021 i titolari e i responsabili del trattamento con sede nel Regno Unito che siano soggetti all’applicazione del GDPR ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, sono tenuti a designare un “rappresentante” nel SEE a norma dell’articolo 27 sempre del GDPR. Tale rappresentante può essere contattato dalle Autorità di controllo e dalle persone interessate per qualsiasi questione relativa alle attività di trattamento al fine di garantire il rispetto del GDPR. Resta sempre ferma la possibilità per gli interessati che si trovano all’interno nostro Paese – ed i cui dati sono trattati per l’offerta di beni e servizi o per il monitoraggio del loro comportamento da parte di titolari stabiliti nel Regno Unito – di rivolgersi al Garante per la tutela dei loro diritti.

Fonte ufficiale: garanteprivacy.it

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